Una considerazione
Vedi, da quando non vado più al mio paese in estate, non ho più mangiato un grappolo d’uva, perché l’uva andavo a mangiarla da zio Mimì. Italia, Regina, acini gonfi, gialli, profumati di sole, di miele, di piogge scarse, e la pancia di tutte noi cuginette si gonfiava e ci urlavano ora basta che sennò non fate più la cacca con tutti quei semini.
E quando c’era la vendemmia noi andavamo ad “aiutare”, arrivavamo alle 10, e zio Mimì e gli uomini che lo aiutavano – e poi lui andava ad aiutare gli stessi uomini per le loro vendemmie – ci avevano lasciato qualche grappolo, quelli più bassi, così che li potessimo cogliere noi, e poi, “stanche” del duro lavoro di vendemmia, ci sedevamo con gli uomini a mangiare la focaccia calda con la mortadella.
E poi c’era un tino con i grappoli un po’ brutti e litigando prima io no prima io a turno pigiavamo con i piedi quegli acini che scoppiavano sotto di noi.
E il profumo, il profumo. E poi mio zio faceva il vino, quel vino che era talmente forte che una volta mia cugina Ezia ne bevve un fondo di bicchiere per sbaglio e cantò per 6 ore, aveva tre anni. Che profumo sulla tavola. E che profumo i miei ricordi di bambina. Ecco perché non mangio più uva.